Speranza
Intervista con Angelo Manzotti
Angelo Manzotti si dedica da tempo alla riscoperta del repertorio storico.
In questo suo difficile compito, nel 1999, interpretò nell'occasione del 25º Festival della Valle d'Itria, il ruolo di "Ippolito" nell'"Ippolito e Aricia" di Traetta.
Il Maestro Manzotti ha perfezionato, con un lungo periodo di allenamento, cominciato autonomamente all’età di dodici anni, una particolare tecnica di canto.
Con la sua voce eccezionale ha vinto il Concorso internazionale Luciano Pavarotti nel 1992 e il Premio Timbre de Platine per la sua prima registrazione del CD Arie di Farinelli editato da Bongiovanni nel 1995.
Q: Lei interpretò Ippolito nel 25º Festival della Valle d'Itria, come fu il suo approccio con la musica di Traetta?
Angelo Manzotti:
La musica di Traetta e bellissima e di una modernità notevole.
Il mio approccio si è basato sull’avvicinarmi con umiltà per studiare una parte tanto complessa.
Le problematiche di carattere belcantistico erano evidenti fin da un primo sguardo e lo studio del fraseggio, della linea del canto mi hanno messo in difficoltà per ricercare colori adatti e per dare un senso appropriato alle frasi musicali.
Il ruolo infatti non prevede i classici passaggi vocalizzati del barocco, nelle arie c’è una ricerca della “verità” drammatica che esula spesso dai modi convenzionali del belcanto tipico dell’epoca.
Il linguaggio musicale di Traetta si può considerare molto moderno per quel periodo (sembra Mozart ben prima di Mozart).
E un canto tutto sul fiato, fatto di dinamiche sfumate e di direzione del fraseggio, quindi non ci dovevano essere sbavature di alcun genere.
Non so se questo mi è riuscito, ma ci ho messo la mia volontà perché ciò non accadesse.
Q:
Quali difficoltà comporta il ruolo di Ippolito, che Filippo Elisi aveva interpretato per la prima volta?
MANZONI:
Le maggiori difficoltà sono legate alla tessitura eccessivamente acuta, infatti alcune cose mi sono state adattate, come in fondo si è sempre fatto anche in passato, dato che si scriveva per un determinato cantante e pertanto si assecondavano nella scrittura musicale le caratteristiche vocali di questo.
Il ruolo prevede infatti due arie in tessitura lirica-leggera mentre la seconda aria ha una drammaticità di tono lirico spinto.
Inoltre bisognava rendere la soavità legata alla purezza del personaggio, alla sua dolcezza, evitando di eccedere quindi con bordate di suono, tranne che per gli acuti estremi e per la sola aria drammatica del terzo atto.
Insomma, un ruolo non facile.
Q:
Che ricorda di quell'interpretazione di Ippólito della Valle d'Itria?
MANZONI:
Circa l’interpretazione ricordo i contrasti tra regista, che voleva Ippolito dolce e delicato come una porcellana e il costumista che mi avrebbe visto come un macho culturista tutto muscoli (che io non posseggo).
Naturalmente il regista ha avuto la meglio e questa visione del personaggio è molto più congrua con la musica di Traetta.
Ricordo l’emozione della supplica al padre nella mia ultima aria, quando la mia mano si univa alla sua e l’emozione era nei nostri sguardi.
Credevamo in quella musica e in ciò che stavamo vivendo (e non solo cantando... che sarebbe riduttivo).
Un Ippolito tutto infelicità e tormento.
Ricordo anche (purtroppo) il gelo terribile di quelle serate.
Il tempo inclemente non ci ha aiutati e la bellissima Puglia in piena estate chi ha letteralmente congelati.
Alla seconda recita si vedeva il fiato di noi cantanti a causa del freddo,ed è stato un problema per tutti (ci siamo ammalati...)
Q:
Secondo lei, quale può essere la spiegazione che un compositore come Traetta, per molti il "riformatore del melodramma" probabilmente prima di Gluck, e precursore in qualche modo dello stesso Mozart, sia caduto nel dimenticatoio?
MANZOTTI:
Da sempre succede così, non c’è più da stupirsi.
Quanti “talenti” discutibili e mediocri vengono idolatrati, semplicemente perché spinti e sostenuti dallo star system o da altre ragioni poco chiare? ( e poco oneste!!!!)
Tutt’oggi chi non ha santi in paradiso, pur avendo talento e capacità soccombe e assistiamo al trionfo di artisti mediocri ma ben sponsorizzati.
Forse anche a Traetta è stata riservata questa sorte.
Nulla è nuovo sotto il sole e così, qualcuno meno capace ma molto più sostenuto sotto molti aspetti ha assunto un ruolo che poteva benissimo essere di Traetta e che probabilmente Lui meritava.
Non sempre c’è una giustizia che ripaga nella storia, e Traetta è caduto così in oblio.
Forse c’era un grande interesse nel sostenere il noioso Gluck e costui aveva appoggi molto più potenti per farsi definire riformatore del melodramma e assurgere a una gloria che avrebbe potuto benissimo essere d’altri.
Q: Dove marca lei la frontiera tra Traetta e Mozart?
MANZOTTI:
La domanda per me è troppo complessa e non ho le competenze musicologiche per rispondere con cognizione di causa.
Penso solo all’inizio della sinfonia dell’Ippolito e Aricia e... mi ricorda quella del Flauto magico.
Ma quest’ultimo non è stato scritto dopo?
Dov’è il confine?
Mozart è un genio sicuramente, però ha indubbiamente attinto molto da Traetta, da Luchesi (altro grande dimenticato e molto scopiazzato) e da altri venuti prima di lui.
Comunque la domanda esula dalle mie possibilità di conoscenza e così mi fermo qui.
Q:
Quale personaggio delle opere composte da Traetta le piacerebbe poter interpretare se si rappresentasse nuovamente?
MANZOTTI:
Non posso dire di conoscere tutto il repertorio operistico di Traetta.
Comunque nelle 26 opere serie che ha scritto penso ci siano altri ruoli per evirati cantori e se i ruoli sono come quelli dell’"Ippolito ed Aricia" sarebbe interessante poterli avvicinare e studiare.
Tutto quindi mi piacerebbe: dai Tindaridi alla Ifigenia in Tauride, dall’Antigone alla Sofonisba, all’Armida.
Q:
Lei, con la sua voce incredibile, evoca un’epoca in cui i cantanti provocavano il delirio di chi assisteva alle rappresentazioni. Come vivono oggi giorno gli spettatori la tendenza a riscoprire questo modo di cantare?
MANZOTTI:
Gli spettatori vivono benissimo questa cosa, non se ne stupiscono e anzi, vi sono gruppi di sostenitori di queste voci che seguono noi cantanti con affetto e partecipazione.
La cosa è vissuta meno bene dalle direzioni artistiche che sono spesso prevenute e che così non danno molto spazio a queste voci (almeno in Italia è così)
Q: Qual é la migliore definizione della sua voce?
MANZOTTI:
Non saprei, e forse non spetta a me dare tale definizione.
Io posso solo dire che amo pensare che il canto sia una cosa che parte dall’anima, dal cuore, poi metto il cervello (cioè la tecnica) e in fondo la voce.
La mia voce è il mio cuore.
Q: Che le è sembrato il film di Gerard Corbiau?
MANZOTTI:
La parte musicale del film non è male; scenografia e costumi belli, ma il film è una banale invenzione per fare cassetta e di Farinelli, quello vero, c’è ben poco.
Non mi è piaciuto molto, però è servito a fare pubblicità al personaggio Farinelli e qualcuno si è così chiesto chi era costui.
Diciamo che questo film ha avuto una sua utilità, anche se per conto mio Farinelli lo ricerco nelle biografie serie, nella corrispondenza con Metastasio e nella sua musica.
Maestro Manzotti, la sua vita é ricca di aneddoti?
La mia è una vita semplice e tranquilla.
Vivo nella quiete della campagna mantovana, studio, seguo il mio giardino, seguo mia madre che è anziana, cucino... e canto.
E’ ovvio che qualche aneddoto simpatico c’è.
Girando e incontrando gente succede, ma nulla di eclatante o significativo.
Insomma, una vita tranquilla e a volte un po’ noiosa, fatta spesso di solitudine pacata e quieta.
Q:
Attualmente, una parte della critica rifiuta a priori che sopranisti o contratenori, per molti gli eredi dei castrati, interpretino ruoli scritti per questi. Che opinione le produce questo rifiuto?
MANZOTTI:
I preconcetti son sempre esistiti, un po’ come i raccomandati citati prima.
Comunque da molto io canto solo per il pubblico, dei critici mi importa ben poco e per loro ho smesso di cantare già da un pezzo.
Se non ci fosse la gente che segue, ascolta, ama, io non esisterei, quindi per loro canto.
Il pubblico si vuole emozionare e io sono lì per dare ciò che ho dentro, ciò che sento.
In quanto ai critici e alle loro prevenzioni non so che dire.
Li lascio parlare e il tempo farà il resto. Ci sono recensioni degli anni ’50 che parlano malissimo di una certa Maria Callas.
Lei è una grande e lo rimarrà nel tempo... e nessuno ricorda il nome di quei critici.
Q: Ha avuto occasione di ascoltare le registrazioni del Moreschi? Che ne pensa?
MANZOTTI:
Le registrazioni risalgono al 1902/1904 e la qualità non aiuta.
La voce può sembrare strana, ma di tanto in tanto, qualche nota non priva di fascino esce da quella registrazione e impressiona molto, trasporta in un’altra dimensione. Con molte riserve, ma quel disco mi affascina.
Q: Quali sono i suoi progetti per il prossimo futuro?
MANZOTTI:
Per ora concerti e forse un’opera in prima assoluta, ma preferisco non parlare di questo, perdonatemi.
Q: Quali sono i suoi cinque link preferiti in Internet che raccomanderebbe ai nostri lettori?
MANZOTTI:
Io sono letteralmente un “brocco” del computer e quindi non lo uso molto, perciò mi risulta difficile dire quali sono.
Ne posso citare uno che rende un grande servigio al talento di Haendel:
www.haendel.it
Q:
Per terminare, tra i dischi che lei ha registrato quale consiglia ai nostri lettori?
MANZOTTI:
Io non amo molto le mie registrazioni, però qualcosa non mi spiace.
Consiglio il Cd con Arie di Rossini (autore che io amo infinitamente) edito da Bongiovanni e poi, per chi li trova, i miei Cd dal vivo che a volte vengono venduti durante i miei concerti: sono tra le cose più belle che ho fatto e danno un’idea reale di quelle che sono le mie possibilità dal vivo, e dell’interazione tra cantante e pubblico. Sono registrazioni un po’ artigianali, ma ringrazio chi le ha fatte e penso che in esse vi siano molte cose apprezzabili.
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